BETTINO RICASOLI 1809-1880

Data di pubblicazione:
10 Dicembre 2018
BETTINO RICASOLI 1809-1880

Nato in una potente famiglia fiorentina in via di decadimento economico, visse quasi tutta la sua vita nel principale possedimento antico della famiglia: il Castello di Brolio presso Gaiole in Chianti in provincia di Siena.
Fin da bambino mostrò uno spiccato interesse per le scienze fisiche e naturali e trascorse la prima infanzia con il padre Luigi e la madre Elisabetta Peruzzi, nel Castello di Brolio, fino a quando nel 1816 il padre morì. Rimasto orfano all'età di diciotto anni con una proprietà oberata dai debiti, fu dichiarato maggiorenne per decreto speciale del Granduca di Toscana e gli fu assegnata la potestà sui fratelli più giovani. Interrotti gli studi si ritirò a Brolio e, con un'attenta gestione, riuscì a salvare la proprietà di famiglia.
Ricasoli fu un uomo d'azione, molto religioso e di spirito meditativo; il suo orientamento politico, almeno all'inizio, fu condizionato dai pensieri e dagli scritti di Cesare Balbo e di Massimo d'Azeglio.
Seguendo la sua indole religiosa, giunse alla conclusione che il papato avrebbe dovuto riformarsi poiché, "priva della religione, la società italiana non aveva basi".
Nel 1847, Ricasoli fondò il giornale "La patria", il cui programma mirava a definire la "costituzione della nazionalità italiana". Nell'ottobre dello stesso anno fu incaricato di mediare tra Toscana e Modena in un conflitto scoppiato a causa dell'annessione del territorio di Lucca alla Toscana. Questo fatto lo convinse che era necessario gettare le basi per una nuova politica italiana. Nel 1848 venne eletto Gonfaloniere di Firenze, ma si dimise a causa delle posizioni anti-liberali del granduca Leopoldo II.
Forte nella sua missione, a dispetto dei disastri del 1849 avvenuti in Italia, Ricasoli poneva molta fiducia nel Piemonte come "stato" capace di coagularne politicamente altri, tra cui la Toscana, in un'unica e futura nazione italiana.
Il 27 aprile 1859 fu nominato ministro dell'Interno del Governo Provvisorio Toscano ed assunse, dopo l'armistizio di Villafranca, il potere centrale. Ricasoli fu poi protagonista dell'annessione della Toscana al nuovo Regno d'Italia, nato il 17 marzo 1861. Sempre nel 1859 Ricasoli ebbe un ruolo determinante nella fondazione del nuovo giornale La Nazione che appunto poneva la tematica nazionale al centro del proprio interesse.
Eletto deputato nel 1861, successe, il 12 giugno dello stesso anno, a Cavour nella carica di Primo Ministro. La sua attività di governo impresse una forte spinta unitaria nella gestione amministrativa dello stato. Durante il suo mandato ammise i volontari Garibaldini all'esercito regolare, revocò l'esilio a Mazzini e tentò invano la riconciliazione con la Santa Sede.
Sprezzante degli intrighi del suo rivale Rattazzi, Ricasoli si trovò obbligato alle dimissioni il 3 marzo 1862 per poi però ritornare al potere dal 20 giugno 1866 al 10 aprile 1867. Del suo secondo incarico sono da ricordare il rifiuto dell'offerta di Napoleone III di cedere Venezia all'Italia in cambio dello scioglimento e dell'alleanza dell'Italia con la Prussia e il rifiuto nell'accettare la decorazione prussiana dell'Aquila nera perché questa non era stata anche offerta a La Marmora, autore dell'alleanza stessa.
Alla partenza dei francesi da Roma, alla fine del 1866, Ricasoli tentò ancora la riconciliazione con lo Stato Pontificio proponendo una convenzione in virtù della quale il Regno d'Italia avrebbe restituito alla Chiesa le proprietà degli ordini religiosi soppressi, in cambio del graduale pagamento di 24 milioni di lire. Per avvicinare la Santa Sede il primo ministro concesse l'exequatur a quarantacinque vescovi contrari al regime italiano. Il Vaticano accettò questa proposta ma la Camera dei deputati si trovò refrattaria e, sebbene Ricasoli la sciolse, la successiva fu ancora più ostile all'accordo.
A questo punto, senza aspettare le successive elezioni, Ricasoli si dimise allontanandosi dalla vita politica, e facendo sporadici discorsi alla Camera; comunque continuò ad essere considerato un membro influente nella destra storica denominata dagli avversari consorteria. L'unica carica politica che mantenne fu quella di sindaco di Gaiole in Chianti.
Oltre che uomo politico, fu abile agricoltore. Membro dell'Accademia dei Georgofili, fu un innovatore della vitivinicoltura toscana. Come spiega Michele Taddei nel libro "Siamo onesti! Il barone che volle l'unità d'Italia" si deve a Ricasoli la formula del Chianti. Nel romanzo di Taddei si legge "dove il barone riuscì ad ottenere ottimi risultati, in rapporto agli investimenti e agli sforzi impiegati, fu nel realizzare il vino “sublime”, in grado di poter essere venduto e bevuto in tutto il mondo, senza per questo perderne le caratteristiche organolettiche durante i lunghi periodi di viaggio. Anche in questo caso fu un instancabile ricercatore ed un perfezionista. Si affidò a mani esperte per la parte delle analisi chimiche e, girando soprattutto in Francia, provò a carpire tutti i segreti della vinificazione e, prima ancora, della coltivazione della vite e della fermentazione. Per verificare la tenuta dei propri vini nella distanza e nel trasporto faceva persino prove di “navigazione” imbarcando per anni le botti su mercantili diretti in tutte le parti del mondo, in Sud America come a Bombay. Si deve alla sua tenacia e alle prove sul campo e in cantina,che durarono tre decenni, quel regolamento di produzione del vino Chianti che nel tempo successivo è stato trasformato in disciplinare di produzione e che ancora oggi, seppure con una leggera modifica introdotta pochi anni fa, definisce le percentuali di uve di cui deve essere composto il più celebre vino italiano nel mondo".

Ultimo aggiornamento

Mercoledi 08 Novembre 2023